La digital trasformation e la consulenza patrimoniale

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I Tech Giants hanno acquisito le capacità necessarie per riordinare molte industries globali in ecosistemi allargandone  i confini e, soprattutto, rendendoli indefiniti. Lo hanno fatto nell’ecommerce, nel delivery, nel travel ed ora si accingono a farlo nei servizi finanziari. E opinione comune che la trasformazione del mercato dei pagamenti (storicamente una delle maggiori fonti di reddito delle banche) contribuirà insieme ad altre pressioni competitive ed al ruolo dei regolatori alle fusioni fra più operatori bancari. Anche la consulenza patrimoniale sia in ambito retail che in quello HNWI è sotto attacco dai tech giants e dalle applicazioni dell’ intelligenza artificiale (Robo advisory in primis).

Facebook ad esempio , offre già agli utenti la possibilità di effettuare pagamenti e, secondo alcuni, potrebbe ospitare nella sua piattaforma i consulenti finanziari  in un futuro non troppo lontano ma è tra l’ascesa del Robo-adisory  unita alle  mutevoli abitudini dei Millennial che rappresenta uno dei presupposti importanti che possono rendere Facebook uno dei principali attori della consulenza finanziaria.

Infatti, poiché milioni di  Millennials già utilizzano la piattaforma il dislocamento dei consulenti tradizionali sulla piattatforma stessa non è un compito insormontabile. Inoltre, l’ investimento di Facebook in nuove tecnologie come la realtà virtuale potrebbe alla fine rivoluzionare molti aspetti del percorso di consulenza finanziaria per i clienti: dal modo di parlare con il  consulente al modo lo stesso in cui il cliente diventa maggiormente consapevole  sulla gestione del proprio patrimonio sviluppando delle skills specifiche con le quali il  gestore patrimoniale si deve confrontare.

Amazon ha stretto una partnership con UBS per avviare un nuovo servizio chiamato “Ask UBS”. La tecnologia consente ai clienti di porre domande relative ai dispositivi compatibili con Alexa, l’assistente vocale di Amazon. “Che cos’è l’inflazione?” “Come sta andando l’economia?” Tutto ciò non fa che aumentare la competenza finanziaria del cliente e migliorare la sua esperienza d’uso dei servizi finanziari e aiuta la banca ad interagire con una nuova generazione di clienti di gestione patrimoniale fornendo, ovviamente, ad Amazon nuove informazioni.

E mentre alcuni dubitano che i Millennials si fidino effettivamente di Facebook altri citano burocrazia e regolamentazione pesante come barriera all’ingresso contro le imprese tecnologiche. In quest’ultimo caso occorre dire però che le aziemde tec nologiche hanno spesso ridefinito le regole del gioco. Basti pensare ad Uber.

Aumenta la ricchezza delle famiglie, l’Italia al nono posto al mondo per numero di HNWI.

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La ricchezza totale nel mondo secondo il Credit Suisse ha raggiunto i 280 trilioni di dollari ed è maggiore del 27% rispetto a di 10 anni fa.

Negli ultimi 12 mesi, la ricchezza totale a livello globale è cresciuta del 6,4%. È il ritmo più veloce di creazione di ricchezza a partire dal 2012 e uno dei migliori risultati dal momento dello scoppio della crisi finanziaria. La ricchezza media globale per adulto ha raggiunto nuovo massimo storico:56,540 dollari.

Il paese leader nella crescita della ricchezza sono gli Stati Uniti che hanno aggiunto 8,5 trilioni di dollari allo stock di ricchezza globale. In altre parole, gli Stati Uniti hanno generato oltre la metà della ricchezza totale pari a 16,7 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi. Anche perché, finora, anche grazie alla Presidenza Trump l’economia statunitense è cresciuta e l’occupazione è cresciuta anche se la FED ha sicuramente ha avuto il suo ruolo. Certo se guardiamo al futuro, tuttavia, valutazioni e prezzi immobiliari elevati potrebbero frenare il ritmo di crescita negli anni futuri. In Europa la ricchezza è aumentata del 6,4 per cento grazie anche alla stabilità diffusa in tutto il continente:Germania, Francia, Italia e Spagna sono diventati i primi dieci paesi con i maggiori guadagni in termini assoluti. Schermata 2017-11-17 alle 12.31.59

Ma  il più grande guadagno di ricchezza delle famiglie a livello mondiale è stato registrato in Polonia il + 18% polacco è stato determinato principalmente dal boom della Borsa.   La Svizzera continua a guidare la classifica in termini di ricchezza media e mediana per adulto nel 2017, quest’ultima favorendo paesi con livelli più elevati di uguaglianza di ricchezza. Dall’inizio del secolo, la ricchezza per adulto in Svizzera è aumentata del 130 percento fino a 537.600 USD.

La maggior parte della ricchezza è ancora detenuta da economie ad alto reddito in Nord America, Europa e Asia Pacifico (esclusi Cina e India) ma nuovi creatori di ricchezza stanno diventando più visibili. La Cina, dopo aver subito perdite del 20% durante la crisi, ha superato rapidamente il suo livello di crescita  prima della crisi. Quest’anno il suo ritmo di creazione di ricchezza  è in linea con quello dell’Europa e il suo contributo allo stock di ricchezza globale è stato di 1.700 miliardi di dollari:  il secondo più alto guadagno dopo gli Stati Uniti.

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Nei 12 mesi precedenti alla metà del 2017, gli aumenti significativi della ricchezza sono stati evidenti in tutto il mondo. Gli aumenti sono guidati non solo dai rally azionari ma anche da sostanziali aumenti della ricchezza non finanziaria.  Tutto ciò porterebbe a pensare  che stiamo tornando al modello di crescita pre-crisi.

E’ il gestore patrimoniale svizzero il più adatto al regime italiano dei neo-residenti

Francesco Baccaglini, responsabile Tax & Legal di Albacore Wealth Management spiega su MF – Milano Finanza del 12/12/2017  come i gestori patrimoniali svizzeri siano la soluzione ideale per la gestione degli asset dei neo residenti.  

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Qui sotto trovate il testo più completo.

Le ragioni che portano a scegliere un gestore svizzero sono molteplici e ben note. A queste se ne aggiungono alcune nuove, che riguardano specificatamente il regime italiano dei c.d. neo-residenti.

A partire dal 2017, le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia possono optare per l’applicazione di una imposta annuale sostitutiva dell’IRPEF sui redditi provenienti dall’estero pari a € 100.000, oltre a € 25.000 per ogni famigliare (art. 24-bis TUIR). L’imposta prescinde dalla tipologia, qualificazione e quantificazione dei redditi esteri con la sola rilevante eccezione delle plusvalenze sulle partecipazioni qualificate (>2% o >20% dei diritti di voto o >5% o >25% del capitale a secondo che i titoli siano negoziati in mercati regolamentati o meno) realizzate nei cinque anni successivi al trasferimento della residenza. Inoltre, sono esentati (i) dal pagamento dell’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero), (ii) dell’IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero), (iii) delle imposte di successione e donazione sui beni e diritti esteri (art. 1, c. 158, L. n. 232/2016) e (iv) dagli obblighi del monitoraggio fiscale, c.d. Quadro RW (art. 1, c. 153, L. n. 232/2016). I redditi di fonte italiana sono invece soggetti ai regimi impositivi ordinari.

Per poter accedere a questo regime occorre non essere stati fiscalmente residenti in Italia per nove dei dieci periodi di imposta precedenti all’esercizio dell’opzione. L’opzione non è preclusa ai cittadini italiani che, anzi, potrebbero essere fra i principali fruitori.

I vantaggi di una gestione patrimoniale estera

 Una volta trasferiti in Italia, i soggetti neo-residenti possono avere interesse a dare un mandato di gestione a un intermediario italiano o a procedere con l’intestazione fiduciaria di attività estere per motivi di riservatezza.

A tal fine, occorre distinguere i vantaggi di una gestione effettuata all’estero, in particolare in Svizzera, rispetto a una gestione in Italia, nonché all’intestazione tramite una fiduciaria svizzera rispetto a una italiana.

In primo luogo, la normativa di riferimento citata (art. 1, c. 153, L. n. 232/2016) prevede l’esenzione dall’IVAFE, che è un’imposta analoga al bollo applicato nella misura del 2 per mille all’anno sul valore dei prodotti finanziari e libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti in Italia (art. 19, c. 18, L. n. 201/2011). I conti correnti sono colpiti con un’imposta fissa pari a € 34,20, se la giacenza media supera gli € 5.000 nel corso dell’anno.

Come osservato da Assofiduciaria (cfr. le Comunicazioni FLAT TAX_COM_2017_111 del 7 giugno 2017 e FLAT TAX_COM_2017_067 del 5 aprile 2017), la normativa dispone l’esenzione dall’applicazione dell’IVAFE, ma non dall’imposta di bollo ordinaria, che si rende applicabile qualora le attività finanziarie estere siano intestate a una società fiduciaria italiana. Lo stesso principio vale anche per le attività detenute presso un intermediario finanziario italiano (banche, SIM). Infatti, nei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (§ 5.2) non vi è cenno alla possibilità di disapplicazione dell’imposta di bollo. La stessa Assofiduciaria consiglia alle proprie associate di continuare ad applicarla (Comunicazioni FLAT TAX_COM_2017_111, pg. 6).

Per quanto attiene ai redditi di fonte estera, si pone un’ulteriore criticità. Infatti, stando alla lettura a specchio dell’art. 23, c. 1, lett. f) TUIR, i redditi diversi, fra cui in particolare i capital gain, sono territorialmente rilevanti se derivano “da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio dello stesso”. La circolare dell’AdE non chiarisce se l’intestazione tramite fiduciaria italiana o la detenzione presso un intermediario italiano attragga in Italia la fonte del reddito. Per coerenza sistematica, appare corretto sostenere che i redditi di fonte estera mantengano tale qualifica e siano pertanto assorbiti dall’imposta sostitutiva. Tale punto meriterebbe comunque un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Pertanto, il neo-residente che volesse avvalersi di una gestione patrimoniale ed eventualmente procedere a una intestazione fiduciaria delle proprie attività finanziarie estere avrebbe tutta la convenienza ad avvalersi di un operatore estero, anziché di uno italiano. In tal modo eviterebbe certamente l’applicazione dell’imposta di bollo ed eviterebbe di correre rischi sulla qualifica della fonte (italiana o estera) dei redditi.

Sotto questo profilo la Svizzera risulta essere competitiva perché non applica ai soggetti non residenti imposte sulla detenzione di attività finanziarie, né alle intestazioni fiduciarie. E’ vero che vi è un’imposta di bollo nella misura generalmente dello 0,15% sulle transazioni finanziarie, ma le eccezioni alla sua applicazione sono numerose.

Inoltre, non vi è rischio che il portafoglio sia soggetto a imposta di successione in Svizzera in caso di decesso del titolare. Infatti, i casi di imposizione sulle successioni sono estremamente limitati atteso che il criterio territoriale è generalmente legato alla residenza in Svizzera del de cuius al momento della morte. E’ fatto salvo il caso di immobili o stabilimenti di impresa (stabili organizzazioni) localizzati in Svizzera. Infine, nessun cantone applica l’imposta in caso di successione in linea retta o fra coniugi.

La gestione estera permette anche di salvaguardare i neo-residenti da un importante incognita che pende sul regime, cioè la sua costituzionalità. Infatti, la dottrina ha in più occasioni sollevato perplessità sulla compatibilità di tale regime con il principio della capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana.

Ora, qualora la normativa non passasse il vaglio di costituzionalità, tutte le agevolazioni decadrebbero con ogni probabilità con effetto ex tunc, cioè sin dall’entrata in vigore della norma.

Inoltre, da più parti si riscontra un interesse per tale regime, che è frenato da un certo scetticismo nei confronti dello Stato italiano e della sua amministrazione. Molti contribuenti ricordano ancora, ad esempio, l’improvvisa introduzione dell’imposta sulla segretazione delle attività scudate tramite decreto legge da parte del governo Monti appena insediato (art. 19, c. 6, L. n. 201/2011). Tale imposta pari all’1% nel 2012 (aumentata al 1.35% per il 2013 e 0.4% a regime) colpiva le attività regolarizzate tramite le varie edizioni degli scudi fiscali e ancora oggetto di segretazione.

In questi casi è evidente che, se le attività finanziarie (e patrimoniali come gli immobili) estere fossero detenute da intermediari italiani, sarebbe inevitabile per questi ultimi procedere a ricalcolare e prelevare le imposte secondo i regimi ordinari sin da quando i neo-residenti si sono trasferiti in Italia oppure a prelevare imposte che fossero eventualmente introdotte in futuro. I gestori esteri invece chiaramente non possono operare quali sostituti di imposta per il fisco italiano.

I vantaggi del gestore svizzero

Sotto questo frangente, passando alle ragioni che possono portare a scegliere più specificatamente un gestore svizzero, va sottolineato che ad oggi non esiste fra i due Paesi uno strumento giuridico per la riscossione delle imposte attesa la riserva che la Svizzera ha posto agli articoli 11 e 12 della Convenzione di Strasburgo (Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE
sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale
) in sede di recepimento (Decreto Federale del 18 dicembre 2015).

Una ulteriore ragione per preferire un gestore patrimoniale svizzero è legata alla lunga esperienza maturata con i clienti che si avvalgono del regime svizzero globalista, una delle principali fonti di ispirazione del regime italiano dei neo-residenti. In particolare, l’imposta sostitutiva italiana copre solo i redditi di fonte estera. Tutti i redditi di fonte italiana sono invece sempre tassati ordinariamente, senza possibilità di essere assorbiti dall’imposta sostitutiva. Un meccanismo per certi versi analogo è presente anche nel regime globalista, ai sensi del quale i redditi di fonte svizzera sono inseriti nella dichiarazione fiscale ed eventualmente tassati se portano a un superamento della base imponibile minima concordata con le autorità fiscali (attualmente CHF 400.000). I gestori svizzeri sono ben consci delle criticità che può comportare l’investimento diretto in titoli svizzeri e, di conseguenza, sanno come investire il portafoglio con titoli esteri, ad esempio tramite strutturati o ETF di diritto estero, ma il cui sottostante rappresenti investimenti svizzeri o comunque il loro andamento o i loro rendimenti. In tal modo è possibile mantenere lecitamente una esposizione ai titoli elvetici senza subire un aggravio di imposta. Mutatis mutandis, lo stesso approccio agli investimenti può essere applicato ai portafogli dei neo-residenti, che volessero investire in titoli italiani riducendo o annullando il carico fiscale, come pare avvallare l’Agenzia delle Entrate nella citata circolare, laddove conferma che la localizzazione della fonte del reddito segue il principio della lettura a specchio dell’articolo 23 TUIR, già utilizzato in tema di foreign tax credit di cui all’art. 165 TUIR. Di conseguenza, ad esempio, un fondo lussemburghese verrà considerato generare redditi esteri, nonostante il sottostante sia rappresentato in tutto o in parte da titoli italiani. In conclusione, la gestione patrimoniale svizzera permette ai neo-residenti di ridurre il carico fiscale sugli investimenti finanziari a livello di imposte sui redditi, patrimoniali e di successione e donazione, nonché di mantenere al contempo la protezione sul proprio patrimonio, anche nell’ipotesi in cui intervengano modifiche a tale regime. Ecco perché rappresenta la soluzione ideale per i neo-residenti.

Il P/E traina i rendimenti dei Family Office

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E’ il Private Equity a sostenere i rendimenti dei Family Office. E’ questo uno dei dati rilevanti del report che UBS ha realizzato con Campden Research intervistando 262 Family Office dal quale emerge che il rendimento aggregato del settore dei FO balza al 7% nel 2016 dopo lo 0,3% del 2015. La ripresa dei rendimenti è  trainata dagli investimenti in P/E che hanno controbilanciato il rendimento modesto degli Hedge e del Real Estate.Le azioni pesano nei portafogli dei FO per il 27% del valore dei portafogli mentre il P/E pesa per il 20%  ma oltre il 60% degli intervistati prevede di aumentare il peso delle azioni nei propri portafogli  mentre il 40% e il 49,3% vuole aumentare, rispettivamente,nei propri portafogli il peso di P/E e coinvestimenti.I Family Office nordamericani sono quelli che più hanno investito in strategie orientate alla crescita  tant’è che nel 2016 il loro rendimento cumulato ha toccato il 7,7% superando quello medio del settore oggetto della ricerca. Sono in ogni caso i network relazionali e sempre meno le strutture di ricerca che fanno procurare buoni affari ai P/E infatti per stessa ammissione del campione intervistato “la gran parte di noi non ha strutture di ricerca interne”.  Altro tema importante per i Family Office è la trasmissione dell’eredità alle generazioni future. Quasi la metà di loro non ha un piano di successione ma occorre far notare che, nel corso degli anni, i FO si sono conquistati un ruolo nell’armonizzare gli asset familiari, nel favorire l’accordo fra i membri della famiglia imprenditoriale e, spesso, si fanno aiutare da professionisti del Family Mentoring  come Diana Chambers   che è stata intervistata in Questo articolo di Private Diana-Chambers-Private_Pagina_1Diana-Chambers-Private_Pagina_2

Per quanto riguarda le tendenze future di investimento è molto importante il tema della sostenibilità e del cosiddetto Impact Investing. Il 62,5% del campione intervistato  investe in questo settore con investimenti privati e il 56,3% tramite Private Equity.

Cosa farà Donald Trump per il Wealth Management

Republican Presidential Candidate Donald Trump Interview

Oggi si insedia Donald Trump alla casa Bianca. La sua vittoria, inaspettata, è stata accolta da un coro di critiche da parte di molti commentatori politici e non. Trump, per stemperare gli animi  e farsi benvolere da molti commentatori, ha incontrato alcuni media (sorprendente la sua visita improvvisa alla redazione del New York Times) e si è dotato di professionisti della comunicazione in grado di tradurre con un linguaggio più accessibile le sue idee. Ha cominciato a lanciare qualche messaggio di pacificazione e qualche promessa come questa: “sarò il più importante creatore di posti di lavoro della storia”.

Resta il fatto che Wall Street da quando lui è stato eletto chiude spesso al rialzo e che, per esempio, ha portato dalla sua parte molte aziende  della Silicon Valley i cui CEO si rifiutavano di incontrarlo. C’è però un’industria che sicuramente beneficerà delle politiche Trumpiane ed è quella del Wealth Management che per i professionisti abili e affidabili  della gestione dei patrimoni è sempre stata molto profittevole .

Trump ha proposto un taglio delle tasse per le famiglie più ricche e un taglio delle tasse sulle aziende. I rentier avranno più soldi da dare in gestione mentre gli imprenditori investiranno sicuramente gli extraprofitti per la crescita aziendale (da qui la frase di Trump sulla creazione di nuovi posti di lavoro) e, ovviamente, una parte dei soldi risparmiati sulle tasse verranno dati in gestione.

Trump ha proposto anche l’eliminazione della tassa di successione e questa darà molto dinamismo al mantenimento e sviluppo di famiglie e dinastie imprenditoriali. Si tratta anche qui di un incentivo per i Wealth Managers  che oltre alla normale attività di gestione potranno svolgere anche advisory sui patrimoni e  sopratutto family mentorship perché si sa: più le dinastie imprenditoriali crescono e più c’è bisogno di consulenza per la definizione dei loro patrimoni.

IL WM in Italia e qualche considerazione

*Di Francesco Fabiani

nsfg5sjyzgq-tim-gouwLa crisi economica, una certa vocazione del nostro capitalismo al chiudersi in cerchie relazionali che tendono sfaldarsi  ed un’ assenza di visione su quelli che sono i trend del futuro  ha portato molte famiglie imprenditoriali ad interrogasi sul proprio futuro. Alcune resistono, altre hanno venduto le aziende (veri e propri gioielli) altre ancora sono in preda a lotte intestine fra gli eredi che prima di capire se vendere la loro parte guerreggiano per assumere il controllo delle imprese.

L’Italia è il secondo paese risparmiatore al mondo. Ma da sempre non trasforma sul risparmio in investimenti ed è bancocentrica (anche se questo aspetto i recenti scandali hanno dato un colpo durissimo alla reputazione di certe banche).

Ho fatto incontrato di recente Massimo Gaia di Reuters che ha realizzato una interessante  analisi sul mondo del Wealth Management in Italia e Qui trovate anche la seconda parte.

Emerge in un mondo in cui le  “vecchie” asset class non garantiscono più i rendimenti di una volta, un desiderio di asset class alternative in grado di garantire ottimi rendimenti ma, per la prima volta, le famiglie che le ricercano  guardano anche al lato sociale della cosa. Parliamo di investimenti in grado lasciare tracce tangibili sul territorio dove vengono effettuati e, perché no, di investimenti che possano generare nuove tipologie di imprese che aiutino gli eredi di famiglie imprenditoriali di impostazione  novecentesca a reinventarsi, a diventare new entrepeneurs. Parliamo di operazioni di impact investing.

In questo quadro il ruolo dei Family Office è quello di consigliare i clienti sulle migliori asset allocation (noi ad esempio abbiamo un track record di operazioni in P/E concluse con ottime soddisfazioni per i nostri sottoscrittori) ma è anche quello di aiutare le famiglie a reperire operazioni di impact investing che, dati i rendimenti attuali delle asset class tradizionali, sono sicuramente più redditizie.In più occorre fare i conti con gli eredi”millennials” delle famiglie imprenditoriali perché non è detto che questi vogliano fare gli eredi e trasformarsi  in rentier. Ma quando prendono in mano le sorti della famiglia impendtoriale ne trasformano le attività con un’ impronta più sociale .

*Founder & CEO di Albacore

 

 

Se gli investimenti sostenibili hanno performance finanziarie di tutto rispetto.

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Nonostante vi sia un crescente riconoscimento della concretezza finanziaria sui rischi e sulle opportunita’ di ESG (Enviromental, Social e Governance), c’e’ ancora un comune e profonda a pregiudizio tra i professionisti del mondo finanziario riguardo al  Sustainable Finance che secondo molti  non performa finanziariamente.

Sulla base di 2200 studi primary focalizzati nello studiare la correlazione correlazione tra ESG e CFP (Corporate Financial Performance) che seguono dati dagli inizi del 1970 si puo’ però chiaramente mostrare l’appetibilità degli investimenti  in ESG.

Questo risultato e’ in contrasto con la comune percezione tra gli investitori i quali sono fuorviati dai risultati di studi su portafogli che mostrano risultati inquinati dai costi dei fondi per l’implementazione delle strategie, e dai rischi sistemici  legati a specifici portafogli.

La outperformance di ESG esiste in molte aree del mercato e soprattutto in Nord America, nei mercati emergenti e asset class non liquide. L’orientamento verso investimenti di lungo termine responsabili dovrebbe essere importante per qualsiasi investitore

Questo richiede una dettagliata e profonda conoscenza di come integrare i criteri di ESG in un processo d’investimento al fine di raccoglierne il totale potenziale dei fattori che ne enfatizzano il valore. Quando si valutano le performance della finanza sostenibile e’ importante notare come differenti forme di finanza sostenibile possano avere diverse caratteristiche di rischio e ritorno. Ad esempio gli investimenti tematici, che sono spesso scomesse concentrate in un’industria, sono molto differenti da approcci trasversali, integrati o di impact investing.

Non dimentichiamo che il settore finanziario gioca un importante ruolo nel finanziare le strutture future dell’economia ed ha un ruolo centrale nell’allocare capitale su progetti che contribuiscono a sviluppi sostenibili ( efficienza energetica, riduzione inquinamento, condizione del lavoro umano, riduzione della perdita di biodiversità).

Quest’ultima considerazione ci dovrebbe far riflettere nell’importanza di allocare risorse in queste iniziative a prescindere dal ritorno che ne conseguono. Le nuove generazioni rappresenteranno la svolta in questo approccio.

L’impact investing è una nuova asset class?

granoL’impact investing è quel tipo di investimento che genera benefici sociali o ambientali oltre ai capital gain. Si tratta quindi di un asset class a parte rispetto a quelle tradizionali che viene più che altro considerata da investitori istituzionali.  Gli impatti dell’ impact investing sono anche di tipo reputazionale per chi investe, insomma oltre al ritorno sul capitale investito c’è un dividendo reputazionale.

In un epoca di alta liquidità e di tassi bassi l’impact investing è una asset class appetibile anche per i wealth manager che possono proporre ai clienti questo tipo di investimento come valido complemento ad altre asset class. I vantaggi per il cliente sono finanziari, reputazionali come già detto sopra e sono anche vantaggi intangibili come, ad esempio, lo sviluppo di una rete di relazioni con new entrepeneurs e professionisti, in grado di apportare know how inediti e, perché no, creare occasioni di investimento consistente in un futuro molto vicino. Il wealth manager, invece ha anche il compito  di ricercare nuovi progetti di investimento, nuovi mentors e nuovi operatori in grado di abilitare i progetti di impact investing.

Fra i settori obiettivo dell’impact investing ci sono quelli definiti dal IFC (International Finance Corporation) un organismo della World Bank e sono fra gli altri:

  • I wearable: i mini computer, smart watch, sensori, occhiali a realtà aumentata che una volta indossati consentono di acquisire in tempo reale informazioni su aree di proprio interesse;
  • Smart system: i progetti che permettono di rendere intelligente il funzionamento degli edifici (perlopiù pubblici)
  • Watertech: i sistemi di filtraggio e conservazione dell’acqua con specifico riferimento al trattamento per la gestione e riduzione dello spreco
  • Energie rinnovabili e loro conservazione
  • il riciclo dei rifiuti
  • Lo sviluppo dell Agritech per tutti quegli strumenti che consentiranno una migliore gestione delle terre e la migliore ottimizzazione nell’uso di pesticidi naturali e del Medtech e cioè l’incremento qualitativo per gli strumenti connessi alla Telemedicina
  • Edutech: lo sviluppo della formazione online e del remote learning con tutti i modelli innovativi di formazione.

Gli abilitatori dell’impact investing: i Millennials

In tante aree del mondo le ricchezze stanno passando di mano e molti eredi hanno valori diversi di loro padri e dai creatori delle ricchezze. Mentre i genitori erano occupati a sviluppare  la ricchezza delle famiglie imprenditoriali i loro figli, pur ereditando il patrimonio, non è detto che vogliano proseguire la strada dei genitori. Ecco allora che perseguono progetti filantropici od attività di impact investing per lasciare un segno della loro presenza nel territorio ove vivono. Si tratta di ereditieri appartenenti al cluster dei Millennials, di vedute più larghe anche grazie ad una maggiore istruzione ed alla tecnologia. Secondo un report di UBS sono ereditieri in aree mature come l’Europa, area leader per la conservazione dei patrimoni di generazione in generazione, ma sono anche dei new riches ed i self made billionaires in Asia dove è più veloce l’accumulo delle ricchezze e dove “nasce” un billionaire  ogni tre giorni.

I millenninals secondo  UBS hanno come obiettivo non solo ottenere rendimenti ma anche soddisfare le esigenze degli stakeholder delle aree dove vivono adottando vere e proprie iniziative di CSR. Prima la CSR era stata bollata come green washing un modo cioè per dare una patina di buona percezione ad aziende o famiglie che con le loro attività industriali avevano danneggiato i territori o i sistemi finanziari/industriali dove operavano. Ora, invece, per molti la CSR coincide spesso con l’ impact investing e con la filantropia anche se in realtà, dal punto di vista tematico ne sono solo una parte.