Quando il Private Equity è una asset class

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Venerdì 18 Novembre Roberto Tronci, partner di Albacore ha parlato di Private Equity come asset class su Il Sole 24 Ore. Il private Equity in un periodo di rendimenti bassi è sicuramente una asset class interessante anche se bisogna ricordare che si parla di investimenti illiquidi e, pertanto, per poter avere rendimenti adeguati occorre analizzare bene i rischi e opportunità dei progetti di P/E.

Le famiglie imprenditoriali clienti di Albacore hanno solitamente  un peso degli investimenti in P/E  che va dal 20 al 30% della  loro set allocation ma ci sono anche le famiglie imprenditoriali clienti  che desiderano fare solo operazioni illiquide ed allora il peso sul portafoglio arriva anche all’80 o al 90%.

Potete leggere l’articolo de Il Sole 24 Ore qui .

Italia – Svizzera: la normalizzazione

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I rapporti fra governi di Italia e Svizzera sopratutto nell’ambito della armonizzazione fiscale sono  mutati  molto rapidamente nel corso degli ultimi due anni e vanno  sempre di più verso una definitiva normalizzazione.

Tutto è iniziato il 23 febbraio 2015, quando sotto l’incombenza del programma di voluntary disclosure, l’Italia e la Svizzera si erano affrettate a firmare un protocollo di modifica alla convenzione contro le doppie imposizioni, per altro una delle più vecchie siglate dall’Italia (1976). La modifica ha riguardato esclusivamente lo scambio di informazioni in materia fiscale fra i due Paesi, per portarlo in linea con i più recenti standard OCSE. In particolare il nuovo accordo ha portato al superamento del segreto bancario, sebbene limitatamente alle informazioni fiscali e a partire dal 23 febbraio 2015. Il segreto bancario rimane intatto per le fattispecie che esulano dall’ambito fiscale.

Inoltre, a latere del Protocollo le delegazioni dei due Paesi avevano siglato anche una road map in cui erano inserite le linee guida per le c.d. domande raggruppate, cioè richieste di informazioni che riguardano una pluralità di contribuenti non individuati singolarmente, bensì sulla base di comportamenti determinati. Il valore legale della road map è dubbio. Certamente la recente sentenza del Tribunale Federale ha aperto la strada allo scambio di informazioni basato su domande raggruppate. Nel caso di specie si trattava della richiesta da parte delle autorità fiscali olandesi di ottenere i nominativi dei propri contribuenti con conti in UBS che non avessero fornito alla banca la prova della loro conformità fiscale. Cio’ non significa che il fisco degli altri Stati possa fare richieste di assistenza troppo generiche, c.d. fishing expedition, vietate dagli standard OCSE.

Il Protocollo di modifica è entrato in vigore il 13 luglio 2016 a seguito della sua ratifica da parte prima della Svizzera (Decreto federale del 18 marzo 2016), senza per altro che venisse proposto referendum contro l’approvazione nei termini (7 luglio), e poi dell’Italia (Legge n. 69 del 4 maggio 2016).

Il primo risultato tangibile è stato il venir meno della necessità del waiver per i conti e depositi svizzeri regolarizzati dai contribuenti italiani nell’ambito della procedura di voluntary disclosure. L’Agenzia delle Entrate potrà infatti utilizzare la procedura di cooperazione amministrativa prevista dal nuovo strumento convenzionale (articolo 27) per ottenere informazioni come per gli altri Paesi white list ai fini della VD. Anche se sul punto si aspetta ancora una presa di posizione formale da parte dell’amministrazione.

Il secondo diretto risultato è stata l’eliminazione della Svizzera dalla black list del D.M. 4 settembre 1996 relativa all’applicazione delle ritenute sui pagamenti di interessi su obbligazioni e i titoli dei grandi emittenti (basata sullo scambio di informazioni). Ciò dovrebbe incentivare gli investimenti finanziari svizzeri in Italia. Infatti, gli investitori non subendo più la ritenuta alla fonte, ad esempio sugli interessi pagati dai titoli di Stato italiani, non dovranno più chiederne il rimborso con ovvie semplificazioni.

A seguito dell’entrata in vigore del Protocollo, la Svizzera verrà progressivamente espunta da tutte le black list basate sul mancato scambio di informazioni.

Al contempo, la Svizzera è destinata a essere esclusa anche dalle black list basate sui regimi fiscali privilegiati, in particolare nella nuova CFC (art. 167, c. 4 TUIR).

Infatti, con l’entrata in vigore nel 2019 della riforma delle imprese III, verranno abrogati i regimi fiscali privilegiati basati sugli statuti speciali, segnatamente le società ausiliarie, di amministrazione e holding, ma anche quelli analoghi. Nei fatti, questi regimi sono già in fase di abbandono da parte di varie società perché saranno oggetto di scambio di informazione (spontaneo obbligatario) a partire dal 2018.

I regimi speciali sono invisi alla UE che li ha tacciati di essere non conformi agli Accordi bilaterali sin dal 2007. In questo modo, anche il contenzioso in corso con la UE verrà a cessare.

Per compensare tale scelta, la riforma attualmente in fase di perfezionamento introduce due vantaggi fiscali per mantenere la Svizzera competitiva e attrattiva sotto il profilo degli investimenti. Da una parte una riduzione generalizzata delle aliquote di tassazione. Una società in Ticino potrebbe subire una tassazione effettiva intorno al 15%-17%. Dall’altra, due regimi speciali – il super ammortamento e il patent box – che sono stati avvallati dal progetto BEPS (Action 5). Si tratta di misure recentemente introdotte anche dall’Italia e da altri Paesi OCSE. Tuttavia, tali regimi unitamente alla riduzione delle aliquote di imposta rendono la Svizzera particolarmente attrattiva rispetto a molti altri Stati.

Alcune questioni ancora aperte

La fretta di concludere l’accordo ha lasciato ancora alcuni punti importanti aperti fra i due Paesi. In primis la questione dei frontalieri e lo status di Campione di Italia, temi molto sentiti al di qua della frontiera. Come l’accesso ai mercati finanziari italiani da parte delle banche svizzere, che però si sovrappone alle competenze della UE e non può quindi essere oggetto di negoziazione esclusivamente bilaterale. Ad ogni modo, questi dossier non sono tali da invertire il trend di normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi. Anzi, possono solo accelerarli una volta che saranno risolti.

In conclusione, la Svizzera ha dimostrato nei fatti di essere sempre di più un partner affidabile e cooperativo, rimuovendo definitivamente quella patina di paradiso fiscale o di opacità, che l’ha appannata nel corso degli ultimi decenni. Di conseguenza, la Confederazione si candida a divenire un importante hub finanziario e industriale per gli investimenti da e verso l’Italia.