Cinque cose che le grandi banche e i FO possono fare insieme

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*Di Elena Giordano

Le grandi banche che operano nel Wealth Management vedono spesso nei Family Office e nei Multi Family Office dei concorrenti mentre spesso, invece, non si rendono conto che con il loro posizionamento, il loro network e le loro competenze possono essere un buon partner per un Family Office.

UBS, ad esempio, considera il segmento dei Family Office ed gli MFO un’opportunità commerciale strategica. Famiglie con un patrimonio superiore a 150 milioni rappresentano la taglia ideale per la creazione di un Family Office, parliamo di strutture che sono in grado di implementare le gestioni patrimoniali, investimenti, il consolidamento fiscale, la governance la pianificazione della successione, ecc., nessun Family Office può fare tutto e la grande banca non può creare un FO taylor made.

Ecco cinque cose che le grandi banche possono fare insieme ai Family Office

  1. Trading. Le grandi banche spesso possono svolgere le funzione di un FO ma con un livello di accuratezza e taylorizzazione insufficiente per le grandi famiglie imprenditoriali ma, d’altro canto, hanno a disposizione piattaforme di trading molto efficienti pertanto anche se i clienti dei Family Office hanno un proprio CIO hanno comunque bisogno di una controparte forte per le negoziazioni
  2.  Investment Banking. Una cosa che sicuramente i Family Office non possono fare in maniera perfetta è la combinazione di gestione patrimoniale e investment banking. Banche come UBS hanno molte competenze e relazioni nell’ investment banking e pertanto sono un partner naturale dei FO.
  3. Conoscenza delle geografie. Le grandi banche con una presenza forte in tutte le geografie sono anche in grado di interpretare le forti differenze regionali nei bisogni dei FO mettendole  a fattor comune, se richieste, per una proposta consulenziale: i clienti europei spesso privilegiano la conservazione della ricchezza  e il trasferimento di beni attraverso le generazioni, l ‘Asia è meno avanzata in termini di sviluppo dei Family Office e spesso vi è una commistione fra beni familiari e aziendali, la Cina, invece, è un mercato in rapidissima crescita e le famiglie sono concentrate sviluppo della propria attività.
  4. Private Equity. Nelle allocazioni di portafoglio dei Family Office i portafogli di PE rappresentano il 20% delle allocazioni del portafoglio medio. Negli ultimi quattro anni gli investimenti in PE sono cresciuti e i rendimenti sono sempre stati rilevanti (noi stessi di Albacore abbiano avuto nei nostri portafogli di PE rendimenti attorno al 14% negli ultimi anni). Nell’ambito del Private Equity, l’attenzione si concentra sui fondi di venture capital e su investimenti diretti e coinvestimenti. C’è un grande interesse ma in realtà, trovare  gli affari non è facile e non mancano le richieste da parte delle famiglie di unire le forze con altri FO sugli investimenti in PE.  Le grandi banche possono fare tanto in questo ambito: database di aziende investibili, analisi, connessioni fra famiglie imprenditoriali  e FO appartenenti a geografie diverse.
  5. Analisi di scenario. Le grandi banche grazie ai loro database ed ai loro centri sono in grado di interpretare le tendenze di investimento e i bisogni dei nuovi dirigenti dei family office: uno degli argomenti sul tavolo nei Family Office moderni sono gli impact investments e la filantropia che sempre più saranno oggetto di interesse da parte dei Millennials. Sempre più costoro si avvicinano a governare le leve di investimento della famiglia perché, in fondo, il 70% dei FO prevede una transizione generazionale nei prossimi 10-15 anni.
*Partner Albacore Wealth Management

Albacore disinveste da AerNova

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Oggi nelle pagine economia de Il Corriere della Sera  Albacore Wealth Management ha comunicato,  per conto della sua clientela privata, il disinvestimento relativo alla partecipazione in  Aernova, società spagnola di componentistica aeronautica. L’investimento era stato effettuato nel primo trimestre 2014 al fianco di Springwater Capital  che ne aveva acquisito il 47%.

Nel giugno 2017 Springwater ha ceduto la sua quota al private equity statunitense Tower Brook sulla base di una valorizzazione di Aernova di circa un miliardo di euro, concretizzando per i suoi investitori un MOIC (multiplo sul capitale investito) pari 10.49X netto di fees e costi.

Sempre a fianco di Manilo Marocco (Springwater), nel 2011 Albacore per conto dei suoi clienti ha investito nell’acquisizione della maggioranza di Viscolube Spa, società italiana leader nella rigenerazione oli industriali usati. Nel 2016, con la cessione di tale partecipazione, gli investitori avevano beneficiato di un MOIC di 2.93X netto di fees e costi.

Springwater Capital è una investment firm fondata nel 2002 che opera trasformando in successi opportunità di investimento complesse e perseguendo sia la creazione di valore che le relazioni di lunga durata con i coinvestitori partners. Opera investendo in medie aziende con fatturati dai 25 ai 750 milioni di euro.

Aernova è una società spagnola di componentistica aeronautica specializzata nella manifattura di ali, impennaggi e parti di fusoliera i cui principali clienti sono Airbus, Bombardier edc Embraer.Ha visto il proprio fatturato passare dai 653 milioni di euro del 2014 (anno di investimento di Springwater) ai 974,3 del 2017.

La scelta di Blackrock

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di Roberto Tronci*

Qualche giorno fa è stato annunciato  che Blackrock  ha in programma di  lanciare un fondo da 10 miliardi di dollari   dedicato agli investimenti di lungo periodo in aziende non quotate. Tutto ciò per diventare un azionista di più lungo periodo, oltre i 10 anni.

A prima vista, potrebbe sembrare incongruente dato che l’asset manager statunitense che è noto per le sue strategie di mercato liquide passive, a basso costo, passi all’estremo opposto.

Tuttavia Blackrock già gestisce asset per oltre $ 145 billion  compresi fondi di private equity e fondi hedge, credito privato e attività reali.

In Italia ad esempio il gigante USA è azionista da tempo di UniCredit ma anche di società non quotate come Linkem (connettività Internet) nelle quali vede un gran potenziale avendola valutata circa 700 milioni di euro oppure ha sottoscritto bond di società di nicchia come SIT La Precisa spa, gruppo padovano leader mondiale nella produzione di valvole di sicurezza per i bruciatori a gas e di sistemi integrati per caldaie e cappe. La decisione di Blackrock ha stupito i più, ma nella realtà il colosso dell’asset management Usa non sta facendo altro che istituzionalizzare  una pratica sinora condotta su base opportunistica e non strutturata in un fondo specifico.

Gli investimenti con un ottica di lungo periodo  diventeranno sempre più attraenti. La raccolta di fondi può essere onerosa ma, in ultima analisi, serve all’industria come un efficiente processo di selezione e allocazione di capitale. Tuttavia, man mano che le industrie maturano e diventano più globali gli investitori richiedono diverse scelte strategiche. Nel mercato ultra-competitivo, gli investimenti di lungo periodo nelle  aziende diventano sempre più preziosi non solo nel fornire liquidità per il prosieguo dell’attività ma anche per consentire alle imprese di investire dim più,  entrare in nuovi mercati e sfruttare le nuove tecnologie. Dal lato di un wealth manager come noi gli investimenti di lungo periodo nelle  aziende oltre che accompagnarle nella crescita consentono alle nostre famiglie clienti che vi investono di far raccogliere i frutti  anche ai discendenti. Il nostro track record di investimenti diretti in azienda, in fondi di PE o in fondi di fondi di PE è a due cifre.

*CIO e Partner di Albacore Wealth Managament

La digital trasformation e la consulenza patrimoniale

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I Tech Giants hanno acquisito le capacità necessarie per riordinare molte industries globali in ecosistemi allargandone  i confini e, soprattutto, rendendoli indefiniti. Lo hanno fatto nell’ecommerce, nel delivery, nel travel ed ora si accingono a farlo nei servizi finanziari. E opinione comune che la trasformazione del mercato dei pagamenti (storicamente una delle maggiori fonti di reddito delle banche) contribuirà insieme ad altre pressioni competitive ed al ruolo dei regolatori alle fusioni fra più operatori bancari. Anche la consulenza patrimoniale sia in ambito retail che in quello HNWI è sotto attacco dai tech giants e dalle applicazioni dell’ intelligenza artificiale (Robo advisory in primis).

Facebook ad esempio , offre già agli utenti la possibilità di effettuare pagamenti e, secondo alcuni, potrebbe ospitare nella sua piattaforma i consulenti finanziari  in un futuro non troppo lontano ma è tra l’ascesa del Robo-adisory  unita alle  mutevoli abitudini dei Millennial che rappresenta uno dei presupposti importanti che possono rendere Facebook uno dei principali attori della consulenza finanziaria.

Infatti, poiché milioni di  Millennials già utilizzano la piattaforma il dislocamento dei consulenti tradizionali sulla piattatforma stessa non è un compito insormontabile. Inoltre, l’ investimento di Facebook in nuove tecnologie come la realtà virtuale potrebbe alla fine rivoluzionare molti aspetti del percorso di consulenza finanziaria per i clienti: dal modo di parlare con il  consulente al modo lo stesso in cui il cliente diventa maggiormente consapevole  sulla gestione del proprio patrimonio sviluppando delle skills specifiche con le quali il  gestore patrimoniale si deve confrontare.

Amazon ha stretto una partnership con UBS per avviare un nuovo servizio chiamato “Ask UBS”. La tecnologia consente ai clienti di porre domande relative ai dispositivi compatibili con Alexa, l’assistente vocale di Amazon. “Che cos’è l’inflazione?” “Come sta andando l’economia?” Tutto ciò non fa che aumentare la competenza finanziaria del cliente e migliorare la sua esperienza d’uso dei servizi finanziari e aiuta la banca ad interagire con una nuova generazione di clienti di gestione patrimoniale fornendo, ovviamente, ad Amazon nuove informazioni.

E mentre alcuni dubitano che i Millennials si fidino effettivamente di Facebook altri citano burocrazia e regolamentazione pesante come barriera all’ingresso contro le imprese tecnologiche. In quest’ultimo caso occorre dire però che le aziemde tec nologiche hanno spesso ridefinito le regole del gioco. Basti pensare ad Uber.

Aumenta la ricchezza delle famiglie, l’Italia al nono posto al mondo per numero di HNWI.

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La ricchezza totale nel mondo secondo il Credit Suisse ha raggiunto i 280 trilioni di dollari ed è maggiore del 27% rispetto a di 10 anni fa.

Negli ultimi 12 mesi, la ricchezza totale a livello globale è cresciuta del 6,4%. È il ritmo più veloce di creazione di ricchezza a partire dal 2012 e uno dei migliori risultati dal momento dello scoppio della crisi finanziaria. La ricchezza media globale per adulto ha raggiunto nuovo massimo storico:56,540 dollari.

Il paese leader nella crescita della ricchezza sono gli Stati Uniti che hanno aggiunto 8,5 trilioni di dollari allo stock di ricchezza globale. In altre parole, gli Stati Uniti hanno generato oltre la metà della ricchezza totale pari a 16,7 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi. Anche perché, finora, anche grazie alla Presidenza Trump l’economia statunitense è cresciuta e l’occupazione è cresciuta anche se la FED ha sicuramente ha avuto il suo ruolo. Certo se guardiamo al futuro, tuttavia, valutazioni e prezzi immobiliari elevati potrebbero frenare il ritmo di crescita negli anni futuri. In Europa la ricchezza è aumentata del 6,4 per cento grazie anche alla stabilità diffusa in tutto il continente:Germania, Francia, Italia e Spagna sono diventati i primi dieci paesi con i maggiori guadagni in termini assoluti. Schermata 2017-11-17 alle 12.31.59

Ma  il più grande guadagno di ricchezza delle famiglie a livello mondiale è stato registrato in Polonia il + 18% polacco è stato determinato principalmente dal boom della Borsa.   La Svizzera continua a guidare la classifica in termini di ricchezza media e mediana per adulto nel 2017, quest’ultima favorendo paesi con livelli più elevati di uguaglianza di ricchezza. Dall’inizio del secolo, la ricchezza per adulto in Svizzera è aumentata del 130 percento fino a 537.600 USD.

La maggior parte della ricchezza è ancora detenuta da economie ad alto reddito in Nord America, Europa e Asia Pacifico (esclusi Cina e India) ma nuovi creatori di ricchezza stanno diventando più visibili. La Cina, dopo aver subito perdite del 20% durante la crisi, ha superato rapidamente il suo livello di crescita  prima della crisi. Quest’anno il suo ritmo di creazione di ricchezza  è in linea con quello dell’Europa e il suo contributo allo stock di ricchezza globale è stato di 1.700 miliardi di dollari:  il secondo più alto guadagno dopo gli Stati Uniti.

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Nei 12 mesi precedenti alla metà del 2017, gli aumenti significativi della ricchezza sono stati evidenti in tutto il mondo. Gli aumenti sono guidati non solo dai rally azionari ma anche da sostanziali aumenti della ricchezza non finanziaria.  Tutto ciò porterebbe a pensare  che stiamo tornando al modello di crescita pre-crisi.

E’ il gestore patrimoniale svizzero il più adatto al regime italiano dei neo-residenti

Francesco Baccaglini, responsabile Tax & Legal di Albacore Wealth Management spiega su MF – Milano Finanza del 12/12/2017  come i gestori patrimoniali svizzeri siano la soluzione ideale per la gestione degli asset dei neo residenti.  

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Qui sotto trovate il testo più completo.

Le ragioni che portano a scegliere un gestore svizzero sono molteplici e ben note. A queste se ne aggiungono alcune nuove, che riguardano specificatamente il regime italiano dei c.d. neo-residenti.

A partire dal 2017, le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia possono optare per l’applicazione di una imposta annuale sostitutiva dell’IRPEF sui redditi provenienti dall’estero pari a € 100.000, oltre a € 25.000 per ogni famigliare (art. 24-bis TUIR). L’imposta prescinde dalla tipologia, qualificazione e quantificazione dei redditi esteri con la sola rilevante eccezione delle plusvalenze sulle partecipazioni qualificate (>2% o >20% dei diritti di voto o >5% o >25% del capitale a secondo che i titoli siano negoziati in mercati regolamentati o meno) realizzate nei cinque anni successivi al trasferimento della residenza. Inoltre, sono esentati (i) dal pagamento dell’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero), (ii) dell’IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero), (iii) delle imposte di successione e donazione sui beni e diritti esteri (art. 1, c. 158, L. n. 232/2016) e (iv) dagli obblighi del monitoraggio fiscale, c.d. Quadro RW (art. 1, c. 153, L. n. 232/2016). I redditi di fonte italiana sono invece soggetti ai regimi impositivi ordinari.

Per poter accedere a questo regime occorre non essere stati fiscalmente residenti in Italia per nove dei dieci periodi di imposta precedenti all’esercizio dell’opzione. L’opzione non è preclusa ai cittadini italiani che, anzi, potrebbero essere fra i principali fruitori.

I vantaggi di una gestione patrimoniale estera

 Una volta trasferiti in Italia, i soggetti neo-residenti possono avere interesse a dare un mandato di gestione a un intermediario italiano o a procedere con l’intestazione fiduciaria di attività estere per motivi di riservatezza.

A tal fine, occorre distinguere i vantaggi di una gestione effettuata all’estero, in particolare in Svizzera, rispetto a una gestione in Italia, nonché all’intestazione tramite una fiduciaria svizzera rispetto a una italiana.

In primo luogo, la normativa di riferimento citata (art. 1, c. 153, L. n. 232/2016) prevede l’esenzione dall’IVAFE, che è un’imposta analoga al bollo applicato nella misura del 2 per mille all’anno sul valore dei prodotti finanziari e libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti in Italia (art. 19, c. 18, L. n. 201/2011). I conti correnti sono colpiti con un’imposta fissa pari a € 34,20, se la giacenza media supera gli € 5.000 nel corso dell’anno.

Come osservato da Assofiduciaria (cfr. le Comunicazioni FLAT TAX_COM_2017_111 del 7 giugno 2017 e FLAT TAX_COM_2017_067 del 5 aprile 2017), la normativa dispone l’esenzione dall’applicazione dell’IVAFE, ma non dall’imposta di bollo ordinaria, che si rende applicabile qualora le attività finanziarie estere siano intestate a una società fiduciaria italiana. Lo stesso principio vale anche per le attività detenute presso un intermediario finanziario italiano (banche, SIM). Infatti, nei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (§ 5.2) non vi è cenno alla possibilità di disapplicazione dell’imposta di bollo. La stessa Assofiduciaria consiglia alle proprie associate di continuare ad applicarla (Comunicazioni FLAT TAX_COM_2017_111, pg. 6).

Per quanto attiene ai redditi di fonte estera, si pone un’ulteriore criticità. Infatti, stando alla lettura a specchio dell’art. 23, c. 1, lett. f) TUIR, i redditi diversi, fra cui in particolare i capital gain, sono territorialmente rilevanti se derivano “da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio dello stesso”. La circolare dell’AdE non chiarisce se l’intestazione tramite fiduciaria italiana o la detenzione presso un intermediario italiano attragga in Italia la fonte del reddito. Per coerenza sistematica, appare corretto sostenere che i redditi di fonte estera mantengano tale qualifica e siano pertanto assorbiti dall’imposta sostitutiva. Tale punto meriterebbe comunque un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Pertanto, il neo-residente che volesse avvalersi di una gestione patrimoniale ed eventualmente procedere a una intestazione fiduciaria delle proprie attività finanziarie estere avrebbe tutta la convenienza ad avvalersi di un operatore estero, anziché di uno italiano. In tal modo eviterebbe certamente l’applicazione dell’imposta di bollo ed eviterebbe di correre rischi sulla qualifica della fonte (italiana o estera) dei redditi.

Sotto questo profilo la Svizzera risulta essere competitiva perché non applica ai soggetti non residenti imposte sulla detenzione di attività finanziarie, né alle intestazioni fiduciarie. E’ vero che vi è un’imposta di bollo nella misura generalmente dello 0,15% sulle transazioni finanziarie, ma le eccezioni alla sua applicazione sono numerose.

Inoltre, non vi è rischio che il portafoglio sia soggetto a imposta di successione in Svizzera in caso di decesso del titolare. Infatti, i casi di imposizione sulle successioni sono estremamente limitati atteso che il criterio territoriale è generalmente legato alla residenza in Svizzera del de cuius al momento della morte. E’ fatto salvo il caso di immobili o stabilimenti di impresa (stabili organizzazioni) localizzati in Svizzera. Infine, nessun cantone applica l’imposta in caso di successione in linea retta o fra coniugi.

La gestione estera permette anche di salvaguardare i neo-residenti da un importante incognita che pende sul regime, cioè la sua costituzionalità. Infatti, la dottrina ha in più occasioni sollevato perplessità sulla compatibilità di tale regime con il principio della capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana.

Ora, qualora la normativa non passasse il vaglio di costituzionalità, tutte le agevolazioni decadrebbero con ogni probabilità con effetto ex tunc, cioè sin dall’entrata in vigore della norma.

Inoltre, da più parti si riscontra un interesse per tale regime, che è frenato da un certo scetticismo nei confronti dello Stato italiano e della sua amministrazione. Molti contribuenti ricordano ancora, ad esempio, l’improvvisa introduzione dell’imposta sulla segretazione delle attività scudate tramite decreto legge da parte del governo Monti appena insediato (art. 19, c. 6, L. n. 201/2011). Tale imposta pari all’1% nel 2012 (aumentata al 1.35% per il 2013 e 0.4% a regime) colpiva le attività regolarizzate tramite le varie edizioni degli scudi fiscali e ancora oggetto di segretazione.

In questi casi è evidente che, se le attività finanziarie (e patrimoniali come gli immobili) estere fossero detenute da intermediari italiani, sarebbe inevitabile per questi ultimi procedere a ricalcolare e prelevare le imposte secondo i regimi ordinari sin da quando i neo-residenti si sono trasferiti in Italia oppure a prelevare imposte che fossero eventualmente introdotte in futuro. I gestori esteri invece chiaramente non possono operare quali sostituti di imposta per il fisco italiano.

I vantaggi del gestore svizzero

Sotto questo frangente, passando alle ragioni che possono portare a scegliere più specificatamente un gestore svizzero, va sottolineato che ad oggi non esiste fra i due Paesi uno strumento giuridico per la riscossione delle imposte attesa la riserva che la Svizzera ha posto agli articoli 11 e 12 della Convenzione di Strasburgo (Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE
sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale
) in sede di recepimento (Decreto Federale del 18 dicembre 2015).

Una ulteriore ragione per preferire un gestore patrimoniale svizzero è legata alla lunga esperienza maturata con i clienti che si avvalgono del regime svizzero globalista, una delle principali fonti di ispirazione del regime italiano dei neo-residenti. In particolare, l’imposta sostitutiva italiana copre solo i redditi di fonte estera. Tutti i redditi di fonte italiana sono invece sempre tassati ordinariamente, senza possibilità di essere assorbiti dall’imposta sostitutiva. Un meccanismo per certi versi analogo è presente anche nel regime globalista, ai sensi del quale i redditi di fonte svizzera sono inseriti nella dichiarazione fiscale ed eventualmente tassati se portano a un superamento della base imponibile minima concordata con le autorità fiscali (attualmente CHF 400.000). I gestori svizzeri sono ben consci delle criticità che può comportare l’investimento diretto in titoli svizzeri e, di conseguenza, sanno come investire il portafoglio con titoli esteri, ad esempio tramite strutturati o ETF di diritto estero, ma il cui sottostante rappresenti investimenti svizzeri o comunque il loro andamento o i loro rendimenti. In tal modo è possibile mantenere lecitamente una esposizione ai titoli elvetici senza subire un aggravio di imposta. Mutatis mutandis, lo stesso approccio agli investimenti può essere applicato ai portafogli dei neo-residenti, che volessero investire in titoli italiani riducendo o annullando il carico fiscale, come pare avvallare l’Agenzia delle Entrate nella citata circolare, laddove conferma che la localizzazione della fonte del reddito segue il principio della lettura a specchio dell’articolo 23 TUIR, già utilizzato in tema di foreign tax credit di cui all’art. 165 TUIR. Di conseguenza, ad esempio, un fondo lussemburghese verrà considerato generare redditi esteri, nonostante il sottostante sia rappresentato in tutto o in parte da titoli italiani. In conclusione, la gestione patrimoniale svizzera permette ai neo-residenti di ridurre il carico fiscale sugli investimenti finanziari a livello di imposte sui redditi, patrimoniali e di successione e donazione, nonché di mantenere al contempo la protezione sul proprio patrimonio, anche nell’ipotesi in cui intervengano modifiche a tale regime. Ecco perché rappresenta la soluzione ideale per i neo-residenti.

Il P/E traina i rendimenti dei Family Office

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E’ il Private Equity a sostenere i rendimenti dei Family Office. E’ questo uno dei dati rilevanti del report che UBS ha realizzato con Campden Research intervistando 262 Family Office dal quale emerge che il rendimento aggregato del settore dei FO balza al 7% nel 2016 dopo lo 0,3% del 2015. La ripresa dei rendimenti è  trainata dagli investimenti in P/E che hanno controbilanciato il rendimento modesto degli Hedge e del Real Estate.Le azioni pesano nei portafogli dei FO per il 27% del valore dei portafogli mentre il P/E pesa per il 20%  ma oltre il 60% degli intervistati prevede di aumentare il peso delle azioni nei propri portafogli  mentre il 40% e il 49,3% vuole aumentare, rispettivamente,nei propri portafogli il peso di P/E e coinvestimenti.I Family Office nordamericani sono quelli che più hanno investito in strategie orientate alla crescita  tant’è che nel 2016 il loro rendimento cumulato ha toccato il 7,7% superando quello medio del settore oggetto della ricerca. Sono in ogni caso i network relazionali e sempre meno le strutture di ricerca che fanno procurare buoni affari ai P/E infatti per stessa ammissione del campione intervistato “la gran parte di noi non ha strutture di ricerca interne”.  Altro tema importante per i Family Office è la trasmissione dell’eredità alle generazioni future. Quasi la metà di loro non ha un piano di successione ma occorre far notare che, nel corso degli anni, i FO si sono conquistati un ruolo nell’armonizzare gli asset familiari, nel favorire l’accordo fra i membri della famiglia imprenditoriale e, spesso, si fanno aiutare da professionisti del Family Mentoring  come Diana Chambers   che è stata intervistata in Questo articolo di Private Diana-Chambers-Private_Pagina_1Diana-Chambers-Private_Pagina_2

Per quanto riguarda le tendenze future di investimento è molto importante il tema della sostenibilità e del cosiddetto Impact Investing. Il 62,5% del campione intervistato  investe in questo settore con investimenti privati e il 56,3% tramite Private Equity.

Diana Chambers, la nostra Family Mentor oggi sul Sole 24 Ore

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Circa un mese fa Diana Chambers, la Family Wealth Mentor è stata ospite ad un evento dedicato esclusivamente ai nostri clienti. In quell’occasione il Sole 24 Ore la ha intervistata. L’articolo è uscito oggi e vi riportiamo domande e risposte.

 Quali sono le ragioni che spingono i clienti a contattarla?

I clienti mi contattano tipicamente per uno dei due motivi. O sono nuovi arrivati nel mondo delle wealth families a causa di un evento di ereditario di liquidità e quindi per loro è un territorio sconosciuto e vogliono aiuto da qualcuno che ha guidato altre famiglie in queste esperienze. Oppure la loro ricchezza è divenuta una sfida in qualche modo; sono preoccupati che la ricchezza abbia un impatto negativo sui loro figli che potrebbero mancare di motivazione una volta che la dimensione della loro eredità è a loro nota o questa ricchezza potrebbe essere la causa di incomprensioni e fratture nelle loro relazioni In entrambi i casi, un cliente è preoccupato e si vuole assicurare che la sua famiglia cresca  prosperi .

Cosa è e cosa fa un Family Wealth Mentor e cosa fa?

Come Family Wealth Mentor aiuto i miei clienti a comprendere come la loro ricchezza impatta su loro stessi e sulle loro relazioni  l’impatto della loro ricchezza su se stessi e sulle loro relazioni, per parlare in maniera costruttiva della ricchezza,  risolvere i conflitti senza ricorrere a mezzi legali e negoziare in modo efficace su di questa . Con questa comprensione e capacità, i miei clienti si sentono sicuri di fare scelte consapevoli mentre dirigono gestiscono la loro ricchezza.

Ci può dare un’idea delle sue attività?

 Lavoro con famiglie multigenerazionali per garantire che i bisogni più grandi della famiglia riguardo alla loro ricchezza siano identificati  e affrontati. Incoraggio i diversi membri a comunicare efficacemente l’uno con l’altro, spesso agevolando le riunioni familiari. Queste riunioni comprendono hanno spesso contenuti educativi e formativi  per identificare le abilità  dei singoli membri della famiglia  ed inserirle all’interno delle skills di cui una famiglia può aver bisogno per gestire la propria ricchezza. Tutto ciò aiuta i membri della famiglia a conoscersi a livelli più profondamente. Faccio poi il mentore all’interno di incontri di nuclei familiari appartenenti alla stessa famiglia. A volte lavoro con un solo membro di una famiglia, o un’unità all’interno di una famiglia, per aiutarli a comprendere quale sia il loro posto all’interno della famiglia, mentre li alleno a parlare in modo efficace con gli altri membri della famiglia su argomenti di interesse di tutti , ad esempio, le proprietà familiari condivise e il piano di gestione e di utilizzo da parte dei membri della famiglia degli immobili.

Come è cambiato nel corso degli anni l’approccio delle famiglie al tema dei conflitti?

 Il conflitto è un risultato quasi inevitabile quando le buone intenzioni vengono fraintese e interpretate male, oppure quando un membro non si comporta equamente con gli altri della famiglia. Idealmente aiuto i membri della famiglia ad  essere proattivi nell’affrontare semplici incomprensioni prima che si  sviluppino problemi più grandi. Ma tutto  ciò richiede un livello di auto-consapevolezza e di volontà di agire da parte dei membri della famiglia e la capacità di comunicare efficacemente. Vedo una tendenza che si sta sviluppando: lavorare con un facilitatore o un mediatore neutrale per assicurarsi che tutte le voci siano ascoltate e rispettate e mantenere il la mente salda in questi processi.

Qual è la prima  più importante mossa per creare una strategia legata alla filantropia?

Il primo passo è quello di identificare chiaramente cosa il cliente desidera raggiungere con le proprie attività filantropiche, il che può significare l’avvio di  un dialogo familiare che tenga conto delle opinioni di tutti i membri della famiglia che avranno  voce in capitolo nelle attività filantropiche. Una volta che una visione generale delle questioni da affrontare viene articolata, è saggio completare un’analisi delle problematiche: la loro portata e la loro scala, i punti su cui fare leva, se vi sono degli altri finanziatori  e quali sono  i vuoti di un progetto filantropico.

Maggiore sarà la comprensione del progetto da parte del donatore, i suoi obiettivi specifici e sul come raggiungere questi obiettivi, è più facile sarà  garantire che tutti i donazioni future siano mirate ad ottenere  il massimo impatto,  più sarà soddisfacente l’esperienza filantropica.

Quattro cose che i family office fanno meglio delle banche…

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I family offices sono una forza emergente nella finanza in questi ultimi anni.  Formati da pochi professionisti (in numero sicuramente inferiore a quello di certe banche di investimento) prendono decisioni  libere e indipendenti dalle investment banks e dagli asset manager. Più famiglie o addirittura una famiglia facoltosa affida la gestione e la crescita dei propri asset a strutture modellate e costruite secondo le proprie esigenze e non a strutture già preesistenti create da soggetti terzi (banche e asset manager in questo caso).Il family office è il nostro mestiere e  lo conosciamo bene: ci siamo imbattuti in  questo articolo del Wall Street Journal dove si parla del mercato dei FO in america ed è interessante capire come per esempio i family office investono negli Stati Uniti. Lo vedete dalla figura qui sotto

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Questa asset allocation al di là delle percentuali di allocazione delle risorse ci dice anche alcune altre cose:

  • i family office competono con le boutique di advisory e banche di affari nelle acquisizioni
  • finanziano startup (questo sopratutto è un fatto che si deve alla generazione dei Millennials che assume sempre più responsabilità al loro interno)
  • sono attivi nel Real Estate
  • assumono professionisti dalle banche di affari.

Le banche d’affari hanno capito il tema: i family office diventano loro concorrenti in molti deal sottraendo quindi flussi di commissioni che prima erano più certe e lo hanno capito anche le banche commerciali: in Italia UniCredit sta rilanciano Cordusio SIM mentre Intesa  investe molto nelle attività di comunicazione di Intesa Wealth Management.

Cosa farà Donald Trump per il Wealth Management

Republican Presidential Candidate Donald Trump Interview

Oggi si insedia Donald Trump alla casa Bianca. La sua vittoria, inaspettata, è stata accolta da un coro di critiche da parte di molti commentatori politici e non. Trump, per stemperare gli animi  e farsi benvolere da molti commentatori, ha incontrato alcuni media (sorprendente la sua visita improvvisa alla redazione del New York Times) e si è dotato di professionisti della comunicazione in grado di tradurre con un linguaggio più accessibile le sue idee. Ha cominciato a lanciare qualche messaggio di pacificazione e qualche promessa come questa: “sarò il più importante creatore di posti di lavoro della storia”.

Resta il fatto che Wall Street da quando lui è stato eletto chiude spesso al rialzo e che, per esempio, ha portato dalla sua parte molte aziende  della Silicon Valley i cui CEO si rifiutavano di incontrarlo. C’è però un’industria che sicuramente beneficerà delle politiche Trumpiane ed è quella del Wealth Management che per i professionisti abili e affidabili  della gestione dei patrimoni è sempre stata molto profittevole .

Trump ha proposto un taglio delle tasse per le famiglie più ricche e un taglio delle tasse sulle aziende. I rentier avranno più soldi da dare in gestione mentre gli imprenditori investiranno sicuramente gli extraprofitti per la crescita aziendale (da qui la frase di Trump sulla creazione di nuovi posti di lavoro) e, ovviamente, una parte dei soldi risparmiati sulle tasse verranno dati in gestione.

Trump ha proposto anche l’eliminazione della tassa di successione e questa darà molto dinamismo al mantenimento e sviluppo di famiglie e dinastie imprenditoriali. Si tratta anche qui di un incentivo per i Wealth Managers  che oltre alla normale attività di gestione potranno svolgere anche advisory sui patrimoni e  sopratutto family mentorship perché si sa: più le dinastie imprenditoriali crescono e più c’è bisogno di consulenza per la definizione dei loro patrimoni.